lunedì 23 agosto 2021

Ciao Danilo


Ciao Danilo grazie !
Dal giornale l'Arena del 15/08/2021 scritto dell'Amico Davide Adami:

"Ha ceduto venerdì sera il grande cuore di Danilo Zantedeschi. Anima e presidenteda sempre del Cus Verona; pioniere, interprete e costruttore del rugby e dello sport veronese. Aveva 77 anni, vissutia fondo, senza calcoli e risparmi. Pensi a lui e ti viene inmente la storia del rugby, dello sport veronese, dagli anni ’60 ad oggi. Ma subito si fa largo la presenza fisica radicata nel tempo: la barba, gli occhi azzurri penetranti e ironici, il sorriso accogliente. Danilo, semplicemente, c’era. Sempre. Fino in fondo. Con la sua solidità tranquilla, la passione taciturna e indomabile, la capacità magnetica di creare un clima familiare e affettivo, di sdrammatizzare le difficoltà, di caricarsi le responsabilità, di favorire lo sviluppo dei progetti.
È così che - dai primi anni Sessanta, quando il rugby era un sport tanto epico quanto sconosciuto e l’Università scaligera un sogno -ha contribuito in maniera decisiva da un lato allo sviluppo della palla ovale nel nostro territorio, dando un’identità e una casa al rugby veronese, e, dall’altro, alla crescita del Centro universitario sportivo di Verona, sodalizio che oggi conta 1200 tesserati, 15 sezioni agonistiche e un crescente sviluppo sinergico con l’ateneo scaligero. Laurea in Economia eCommercio, insegnante di matematica prima e poi avviato commercialista, Danilo non ha mai amato le strade facili e i vincitori. Ha scelto sempre il crinale più difficile e avventuroso. Gli indiani, insomma, piuttosto che i cowboy. Pilone quando giocava a rugby, in prima linea nella mischia – uno di quelli che solitamenteSanPietro, informatosi del ruolo, fa passare direttamente in Paradiso -; militanza politica di destra, appassionata e orgogliosa, quando voleva dire testimonianza, isolamento e rischio. Capitano del Cus Verona Rugby a 24 anni e poi presidente a meno di 30. Impegnato con tanti amici, a partire dai fratelli Cametti, negli anni ruggenti e pioneristici della palla ovale veronese sino al traguardo del Gavagnin prima e nella costruzione della società cussina poi. Contagiando gli atleti con la passione e trasformandoli inunsolidissimo gruppo dirigente del Cus Verona rispettando diverse idee e personalità. Afronte della condivisione dello spirito di servizio e dei valori di fondo del rugby e dello sport, lui, così radicato nelle sue convinzioni, ha saputo far crescere una realtà libera da condizionamenti politici, laica e ricchissima proprio nella sua varietà. E su tutto ha sempre fatto prevalereuna luminosaumanità. Un’umanità fatta di convivialità–la sua, grazie al sorriso della moglie Ebe e delle figlie Chiara ed Erica, era una casa sempre aperta e vissuta -, di ironia acuta, di generosità e concretezza. Insegnando con l’esempio che lo sport non è solo giocare, madarsi per gli altri e questo, in concreto, significava radicare i progetti nella pazienza, nella tenacia, nella ricerca di sostegno e nel guardare lontano. E così ha contribuito a far costruire gli impianti di Scienze motorie in BorgoVenezia e a dar vita, quando il rugby era esploso, ai campi di via della Diga a Parona.Che adesso gli andrebbero intitolati. Poco interessato a cariche e onorificenze – anche se ha rivestito ruoli di rilievo nel Cusi e in Fir e non sono mancati riconoscimenti -, lascia un vuoto profondissimo e una grande eredità. Confluita nelVerona Rugby e in altre realtà ovali, nel progetto Parco verde paradiso – fusione di sport, educazione e natura – a Parona, nello sviluppo del polo sportivo universitario del Cus Verona. Un’eredità che impegnae onora, che Verona non deve perdere."